Alfa Romeo Giulietta

Ci sono essenzialmente due modi per testare un’auto. C’è chi la prende, la porta a Milano, misura il consumo, la porta in pista, misura le prestazioni, la riporta alla casa madre o alla concessionaria da cui l’ha presa e poi torna a casa e misura quanta camomilla bere prima di andare a letto, pronto il giorno dopo per criticare le plastiche dell’auto appena provata.

Poi, invece, c’è chi la prende, scorre Wikipedia, scorre la memoria foto-cinematografica e scorre un atlante e sceglie, spesso a caso, una bellissima strada dove portarla.

Le rotonde diventano chicane, le interstatali rettilinei dove saggiare la ripresa e l’allungo e il metro di giudizio per il consumo. Quante volte devi estrarre la carta di credito per pagare il pieno? Molte, generalmente.  Io appartengo alla seconda categoria e dopo aver brevemente provato in pista l’Alfa Romeo Giulietta 1750 TBi, bellissima ma meno veloce di quanto ti aspetti, qualche giorno fa ho scelto un percorso splendido dove guidare la sorella razionale della 1750: la Giulietta 2.0 JTDm da 140cv.

L’ho portata a Vada, alle spiagge bianche, a Rosignano Marittimo e Solvay. 

L’ho portata sul raffinato lungomare di Forte dei Marmi e sul molto meno raffinato lungomare di Marina di Pisa e Tirrenia. Ma non ero soddisfatto. Primo, la Giulietta non è una decappottabile e quindi su un lungomare passa inosservata e fa sentire tristi, chiusi dentro un abitacolo saturo di aria condizionata. Secondo, è un diesel, e potete parlare di resa, consumo e coppia quanto volete, ma niente di tutto questo cancella il terribile rumore che esce dagli scarichi. Poi mi è venuta un’idea e sono andato a Volterra.

Volterra, anche se definita “città” da Wikipedia, è in effetti un borgo murato in provincia di Pisa (pur trovandosi nel Senese). È bellissima. 
Arrivarci al tramonto percorrendo le strade sinuose, strette e ricche di curve che dal mare portano lì è certamente una fra le dieci esperienze automobilistiche da fare nella vita. In mezzo a tutto quel verde una decappottabile è consigliata ma non necessaria e, grazie alla buona insonorizzazione dell’abitacolo, nessuno sente il brutto rumore del diesel. Quindi potete godervi il panorama e l’eccellente tenuta di strada, il comfort (e finalmente anche la qualità) degli interni dell’Alfa e, soprattutto, l’incredibilmente veloce ma soprattutto elastico duemila turbodiesel.

È una meraviglia, riprende senza sforzi da 70 in sesta e grazie a una terza marcia spettacolare (perfettamente sfruttabile da 20-30 orari fino a ben oltre i 100) potete tranquillamente percorrere decine e decine di chilometri senza mai cambiare marcia.

Intendiamoci, ne ha di difetti. Il cambio è macchinoso, l’impianto stereo non è un granché e l’auto è un po’ troppo pesante. Ma è indiscutibilmente un’Alfa e mentre ero a tavola che mi gustavo un tagliere di formaggi con miele e marmellata non vedevo l’ora di salire di nuovo in auto. E per quanto mi riguarda, questo la dice lunga..

Ah, dimenticavo: piace alle donne.

Tes(o) e foto di Alessandro Saetta Vinci