Mondial 200

Le prestigiose auto da corsa Mercedes e Union erano definite "frecce d'argento", un nickname che segnò la storia della Mercedes, definita così ancra oggi. Pochi sanno, tuttavia, che "frecce d'argento" era il nome con cui venivano chiamate anche le FB Mondial, la casa costruttrice l’italiana fondata dai nobili conti Boselli di Milano che, nel dopoguerra, riuscirono a mettere in strada una delle più belle e filanti motociclette sportive presenti sul mercato.

L'azienda venne fondata nel 1929 nel capoluogo lombardo e produceva inizialmente motocarri. Successivamente, quando l’Italia nel 1946 iniziò la sua fase di rinascita e ripresa dopo i tempi bui della Guerra, la motocicletta era diventata il mezzo di locomozione più semplice e che avrebbe trovato maggior diffusione.

La Mondial 200 presentata in foto è direttamente derivata dalla 125 da corsa che, a partire dal 1949, vinse 5 titoli mondiali di velocità consecutivi. All'’inizio con Carlo Ubbiali e poi con Provini e altri.

Erano gli anni 50, il periodo in cui le aziende motociclistiche  italiane vivevano il loro massimo splendore sia sotto l'aspetto tecnico, sia per lo style e, infine, per i risultati sportivi raggiunti. 

La moto raffigurata è una prima serie, con sospensioni posteriori a ruota guidata e forcella anteriore a parallelogramma. Successivamente venne ammodernata grazie all'adozione di ammortizzatori e di forcella idraulica.

Il colore argento la distingueva per brillantezza dalle altre motociclette coeve e la sua linea era del tutto particolare, derivata dai bolidi da gp del periodo, per cui la possiamo far rientrare in quella che attualmente è la categoria delle Superbike.

Il suo motore scaricava a terra tranquillamente una ventina di cavalli che le consentivano di raggiungere i 140 km/h, velocità di tutto rispetto per l’epoca.

Il rombo del suo motore a 4 tempi semi libero era un sogno per i ragazzi dell’epoca, come le super moto di oggi. Rappresentava un sogno accessibile a pochi, considerato l’alto prezzo di vendita, e le poche moto sopravvissute sono custodite ai giorni nostri con profonda gelosia nelle mani di collezionisti dal palato fino.

Testo di Bruno Fidardi

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