All’inizio della mia carriera non avrei immaginato che la vita della studiosa fosse così movimentata. Del resto avrei dovuto prevederlo: per le mie ricerche, gli archivi più vicini sono a Siviglia e a Lisbona, i più lontani ad Asunción in Parguay e a Cuiabá, all’estremo ovest del Brasile. Ai viaggi per ricerca si sono aggiunti in breve quelli per i congressi in Europa e in America Latina, per i corsi tenuti in Italia, Spagna, Brasile, Argentina; infine, i viaggi in treno per raggiungere la mia Università.
Il viaggio fa parte della mia vita quotidiana, insomma. Gli abiti, gli accessori, le scarpe, i cosmetici sono soggetti a una scelta accurata: devono essere comodi, versatili, leggeri. Soprattutto leggeri, per lasciare spazio ai libri. E adatti ai mezzi di trasporto. Amo il treno, prediligo l’autobus, ho un rapporto non troppo conflittuale con l’aereo, amo l’automobile - soprattutto se è un fuoristrada - detesto la motocicletta. Le mie preferenze relative ai mezzi di trasporto non sono funzionali solo alla professione, ma anche alle mie due personalissime collezioni. Infatti, sin dalla fanciullezza raccolgo case e paesaggi. Nulla da comprare, nulla da portare a casa; non prendo appunti, non fotografo, non disegno, purtroppo. Tutto fa parte dei miei ricordi, di una selezione del vissuto che si intreccia con i riferimenti alla storia dell’arte, che è l’altra passione della mia vita.
Ed ecco allora una vecchia cucina nell’entroterra di Nervi, il pavimento di terra battuta, la tovaglia bianca sul tavolo di legno, le mele, le tazze e i limoni (un pregevole Casorati) e fuori, dalla finestra, gli ulivi, il cielo e la terra arsa di Cézanne. O il salotto di una casa aristocratica del sud dell’Inghilterra, le tazze da tè che ricordano i colori di Matisse, il brillio degli argenti e dei rami di un quadro di Jean-Baptiste Chardin e fuori il paesaggio di Constable, l’autentico paesaggio di Constable, conservato con accanimento filologico: l’albero nodoso, la luce diafana, l’acqua che scorre lenta in una roggia, il prato perfetto.
O ancora i verdi e i blu intensi, i rossi violacei di Rousseau il Doganiere, colti di passaggio in un viaggio in camionetta nella foresta del sud del Brasile, dove ho raccolto un’immagine che conserverò tutta la vita: un gruppo di gitani seduti lungo la strada, che riparavano grandi paioli di rame. Come non essere vicini al Doganiere!
La mia collezione non sarebbe così ricca e preziosa senza i viaggi in auto in Italia. Un’auto alta, dai finestrini ampi, preferibilmente polverosi, perché capaci di creare un velo di ombra e di luce sul paesaggio, contribuendo, insieme alla velocità, a distorcelo quel tanto da renderlo poesia. Non conosco nessun paese che più dell’Italia offra ad ogni svolta un paesaggio diverso, luci, colori, prospettive e piani contrastanti e armoniosi insieme, passando rapidamente da un Turner a un Boccioni, da un Monet a un Corot a un Caspar David, sino ad arrivare ai dolci profili delle colline di Leonardo.
Sono una pessima compagna di viaggio. Da anni non guido, mi faccio trasportare, e non dò alcun contributo alla conversazione. Sono impegnata ad arricchire la mia collezione.